Sulla Psicologia

Psicologo. Lo chiamo o non lo chiamo?

Molto spesso risulta difficile rivolgere una richiesta di aiuto a uno psicologo, anche se si è consapevoli che il proprio disagio non può più rimanere inascoltato.

I timori possono essere diversi:

– non si ha idea di che tipo di relazione sia quella che si instaura con uno psicologo,

– si teme di non poter supportare la spesa di un impegno che si prefigura solitamente come settimanale,

– spaventa la possibilità di potersi finalmente raccontare e affidarsi a qualcuno,

– si sospetta che lo psicologo possa condizionare, manipolare, intralciare scelte e decisioni,

– si è restii a raccontare “le proprie cose” a uno sconosciuto,

– si fa fatica a riconoscere di aver bisogno di aiuto, per il timore della dipendenza che ne deriverebbe, e si è convinti che in ogni caso ce la si può fare da soli.

Di certo, non è facile. Una richiesta di aiuto psicologico può impiegare settimane, mesi, a volte anche anni, per maturare e tradursi in un’effettiva telefonata a un professionista. Nel frattempo si mette “la polvere sotto al tappeto”, fingendo che vada tutto bene, sperando che tutto si risolva da sé con il passare del tempo o, nella peggiore delle ipotesi, rivolgendosi a figure non riconosciute che danno l’idea di essere meno impegnative di uno psicologo ma che non sono formate per affrontare i disagi psicologici. Il rischio è che la problematica si “incisti” sempre di più e che si perda tempo prezioso, ritardando la possibilità di una lettura e di un’elaborazione di ciò che causa il malessere.

Possono essere davvero svariati i motivi per cui una persona senta il bisogno di rivolgersi a un professionista. Molto spesso non si tratta neanche di motivi eclatanti, per così dire, come depressioni profonde, attacchi di panico, pensieri ossessivi, disturbi del comportamento alimentare. Può accadere che il disagio prenda una forma meno invalidante e critica, ma ugualmente fonte di malessere. Basti pensare al fastidio che provocano gastriti e coliti di natura psicosomatica che a volte veicolano una comunicazione che non ha a che vedere con il corpo e che andrebbe ascoltata e decifrata. Oppure, alla difficoltà che ventenni, trentenni e anche quarantenni, provano al giorno d’oggi nel definirsi a livello lavorativo, dovendo scegliere una specificità professionale in un contesto sociale pieno di stimoli e assolutamente instabile. Al timore delle relazioni profonde ed emotivamente intime, che spesso porta all’isolamento o al frenetico passaggio da un partner all’altro. Alle dipendenze affettive, spesso annidate nella ripetizione degli stessi schemi comportamentali nell’ambito di relazioni sentimentali che non nutrono. Alla fatica quotidiana e dilaniante di sostenere mansioni lavorative non scelte, oppure sottopagate e non riconosciute, o svolte in contesti soggetti al burn-out, come accade nelle scuole, negli ospedali, nelle strutture per disabili o per migranti. Al dolore sordo che si prova nel dover accudire giorno dopo giorno un familiare anziano o ammalato, o nel dover accettare e comprendere una sua condizione immutabile, come una disabilità. Al disorientamento e alla confusione che un giovane sperimenta nel definire il proprio orientamento sessuale, che sia eterosessuale o omosessuale, e al terrore di non potersi esprimere per quello che è.

Questi e tanti altri possono essere i motivi per cui si arriva a pensare di dover contattare qualcuno. Riuscire a scavalcare l’ostacolo del “primo contatto” è già tanto, è come rompere il ghiaccio, ed è un modo per iniziare ad esplorare la possibilità di un percorso psicologico o di una psicoterapia. Anche se magari non è ancora il momento per affrontarlo, i tempi emotivi non sono ancora maturi, prendere un appuntamento conoscitivo con uno psicologo è un’occasione per provare a stanare i dubbi su elencati e iniziare a lavorare sulle proprie paure. Si può scoprire, ad esempio, che nel caso di grosse difficoltà economiche molti psicologi e psicoterapeuti sono disposti a considerare tariffe scontate, che in realtà vuotare il sacco ed esprimere tutto ciò che non è mai stato espresso dà un enorme sollievo, che lo psicologo non è un essere superiore, perfetto e giudicante, bensì un essere umano fallibile come tutti ma che ha con sé un utile bagaglio di competenze.

Soprattutto, si può scoprire che in una relazione terapeutica entrambi i membri della coppia sono coinvolti nella stesura di un “nuovo” racconto di vita, in cui possano essere considerati nuovi punti di vista e nuove prospettive, a partire dall’elaborazione delle aree dolenti e critiche. E che la “dipendenza” che si può provare nei confronti di quella relazione è, in realtà, la possibilità di sperimentare in uno spazio protetto ciò che usualmente si prova in tutti gli altri contesti di vita e di elaborarlo affinché possa mostrarsi in quei contesti in una maniera meno dolorosa.

Iniziare un percorso psicologico, quindi, può davvero essere d’aiuto. In ogni caso, è bene ricordare, quando si sceglie un professionista nel mare magnum delle promozioni o si sta valutando la possibilità di contattare Tizio o Caio, di verificare sempre la sua effettiva iscrizione all’Ordine degli Psicologi e la regolarità della sua professione. È importante, infatti, affidarsi a chi esercita il ruolo di professionista della salute mentale nel rispetto della legge, vincolato da un codice deontologico e dall’obbligo di evitare l’uso non appropriato della sua influenza che deriverebbe dall’utilizzo di teorie e tecniche suggestive e scientificamente infondate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *