Quando la laurea rimane all’orizzonte
“Ho 30 anni, mi mancano circa dieci esami per la laurea.”
“Ho fatto giurisprudenza per quattro anni, poi mi sono iscritta a biologia, ma non sono sicura neanche di questa scelta, sarei tentata di passare ad altro.”
“Non sostengo più esami da anni, ma sono ancora iscritto, non si sa mai, forse un giorno riprenderò a studiare.”
“Mi manca un solo esame per la laurea, da almeno tre anni. Non riesco a sostenerlo.”
Non è inusuale ascoltare frasi di questo tipo da parte di studenti universitari non più ventenni che provano difficoltà nel terminare il percorso di studio scelto.
Molto spesso, dietro tali blocchi e rallentamenti si nascondono ansie, insicurezze e incertezze legate direttamente o indirettamente alla scelta universitaria. Questi studenti, quindi, andrebbero accolti nel loro disorientamento e, quando opportuno, sostenuti nella ripresa o nell’abbandono di una scelta che risulta in fase di stallo.
Possono essere vari gli scenari di queste situazioni abbastanza frequenti. È possibile pensare a qualche esempio, nella consapevolezza che naturalmente non esaurisce tutte le possibilità esistenti. Ogni caso è a sé, e ogni storia ha la sua unicità.
- L’incertezza sulla scelta. A volte, l’interrogativo che pulsa, anche inconsapevolmente, dietro la difficoltà a sostenere esami e a laurearsi, è proprio riguardo alla scelta universitaria. Era proprio ciò che si voleva intraprendere? Può capitare, infatti, che un giovane si iscriva a una determinata facoltà per rispondere a quelle che presume siano le aspettative genitoriali e ambientali, o perché non riesce ad individuare il proprio desiderio e imbocca la strada che in quel momento gli sembra più promettente, o ancora perché semplicemente non ha la possibilità di spostarsi e la sua scelta è condizionata dal posto in cui vive e da ciò che offre. Può capitare che si ritrovi a studiare una determinata materia e non riesca bene a ricordare il motivo. Percepisce soltanto la fatica di portare avanti un impegno che forse non corrisponde esattamente a un desiderio e attorno a cui gravitano significati legati a rinunce, conflitti, disorientamenti. Ancora, può capitare invece che abbia ascoltato il proprio desiderio di formazione, la propria curiosità e la propria ambizione, ma nel frattempo quella scelta si sia caricata di nuovi significati, o sia tanto idealizzata da incutere timore, oppure si sia semplicemente arenata per la mancanza di un metodo di studio. In tutti questi casi, in cui si sperimenta un’enorme fatica ad andare avanti con gli esami o una certa tendenza a cambiare facoltà, interrogarsi sulla strada intrapresa e, in particolare, sulle motivazioni che hanno portato a intraprenderla, può essere utile a orientarsi (o a ri-orientarsi) rispetto a un obiettivo, che si traduca con la ripresa e la riscoperta di quella scelta universitaria, o con l’abbandono della stessa in favore di un altro progetto.
- La paura del confronto. In alcuni casi, a rendere faticoso lo studio, la preparazione degli esami e il sostenimento degli stessi, può essere il timore del confronto con gli altri (colleghi, professori) e con la loro valutazione. Esporsi dinanzi a numerose persone può suscitare molte ansie e portare ad allontanarsi dagli ambienti universitari. Può innescarsi un circolo vizioso per cui più si rimandano gli esami per sfuggire alla paventata prestazione, più aumenta la paura del giudizio altrui (“come posso spiegare il ritardo nel conseguimento della laurea?”), più si sfugge alle occasioni di confronto, come appunto esami e anche lezioni. Si può tendere, inoltre, ad effettuare comparazioni con colleghi che si trovano più avanti nel percorso universitario con l’effetto di considerarsi “inferiori” e demotivarsi ulteriormente (“non riuscirò mai a ottenere lo stesso risultato”, “non sono brava come loro”, “non mi so esprimere così bene”). In questi casi, un sostegno psicologico può rendersi utile per poter affrontare le ragioni legate alla disistima, al paura del confronto con gli altri e all’ansia di non riuscire.
- La difficoltà a rinunciare. C’è poi chi, nonostante abbia lasciato l’università da anni e abbia di fatto preso un’altra strada, continua a versare le tasse dell’iscrizione, risultando eternamente iscritto all’università. Forse, in questi casi, ciò che emerge è la difficoltà a separarsi da un’idea, un ideale di sé, un obiettivo, un sogno che neanche si persegue più. È la difficoltà a congedarsi da qualcosa che probabilmente a qualche livello rappresenta ancora una parte di sé e con cui ci si è identificati; la difficoltà, quindi, a rinunciare per poter poi scegliere altro e investirvi energie. L’effetto è una sorta di limbo, che è simile a quello attraversato da chi passa da una facoltà all’altra, in cui tutte le possibilità risultano appetibili ma nessuna viene realmente scelta in quanto nessuna viene scartata. Separarsi, lasciare andare, scegliere, congedarsi da qualcosa che si è in qualche modo concluso, equivale a darsi un limite, definirsi, individuarsi, e di conseguenza, rinunciare a un ideale di sé, a una parte di sé. Ciò può risultare faticoso, comportare tanto tempo per poter giungere a maturazione, richiedere – quando opportuno – un aiuto nell’elaborazione di una transizione che rappresenta svariati significati.
- La gestione della libertà nello studio. Durante il percorso universitario, gli intoppi e i rallentamenti possono essere dovuti anche alla mancanza di un metodo di studio che, soprattutto se sommata a un impegno lavorativo parallelo o a un cambiamento in corso dell’ordinamento universitario, può rendere davvero difficoltosa la gestione di un piano di studi. L’università è il luogo in cui, riguardo allo studio, per la prima volta si sperimenta un certa sensazione di libertà. Si può scegliere quando e come programmare gli esami, a quali dare la priorità, quante ore dedicare allo studio durante la giornata. I ritmi della scuola, decisi dai professori e particolarmente incalzanti, sono un ricordo lontano. Se per alcuni ciò rappresenta una grande possibilità, per altri si traduce in una difficoltà. Si tratta di imparare a studiare in un assetto diverso, più autonomo, ma al contempo più attivo, e di individuare il proprio ritmo, i propri limiti, le proprie preferenze metodiche, senza che nessuno arrivi a definirli dall’esterno. La libertà, si sa, spesso spaventa e confonde. Nei casi in cui questa difficoltà si protrae a lungo, inficiando la serena prosecuzione del percorso universitario, avvalersi di un servizio di tutorato e di supporto allo studio della propria università può risultare utile e scongiurare lo stallo.
- La presenza di situazioni dolorose. Studiare richiede la capacità di mettere tra parentesi, per qualche ora, tutto ciò che può distrarre e attirare la propria attenzione. È esperienza comune quanto sia difficile concentrarsi quando ci si è appena innamorati e ogni pensiero inevitabilmente va a finire sulla persona amata. Quando, però, a distogliere l’attenzione dallo studio non è una situazione piacevole, ma un evento doloroso, l’effetto sulla concentrazione può durare più a lungo e risultare più difficile da rimuovere. Un lutto, una malattia fisica, un periodo di depressione, un evento traumatico di qualsiasi tipo, o qualsiasi situazione percepita come estremamente dolorosa e difficile da integrare nella propria esperienza di vita (come, ad esempio, la fine di una relazione importante, o un intervento chirurgico), possono rendere particolarmente faticose le ore da dedicare allo studio in un lasso di tempo più o meno lungo (mesi, anche anni). Si è totalmente concentrati sull’evento da elaborare e sul dolore ad esso correlato, per cui le energie psichiche vengono convogliate tutte lì. La mancanza di concentrazione e, di conseguenza, il rallentamento negli esami, non hanno quindi a che vedere con lo studio in sé per sé, bensì sono una conseguenza di un umore sofferente, non sereno. Prendersi cura di questa sofferenza, rivolgendosi a un professionista, può essere di aiuto nella sua elaborazione e trasformazione, sortendo poi l’effetto secondario di una maggiore concentrazione nello studio.
- Il timore della responsabilità. Ci sono studenti che rallentano il percorso proprio quando manca loro un solo esame per la laurea, o persino solo la discussione della tesi. Qualcuno non si limita a trascinare l’ultimo esame per anni ma decide di non laurearsi più, meravigliando familiari e amici, raccogliendo da parte loro incomprensioni e perplessità. Questa è una situazione che ha una sua particolare specificità, diversa dagli intoppi e dai blocchi che sopraggiungono all’inizio del percorso universitario o durante gli anni universitari. È il timore della conclusione e di tutto ciò che rappresenta a far tirare il freno a mano. La laurea è un traguardo ambito, rappresenta una realizzazione socialmente rilevante, il raggiungimento di un nuovo status, la possibilità di migliorare ancora, ma rappresenta anche la conclusione di una fase della vita e l’avvio verso la responsabilità, gli impegni della vita adulta, il mondo del lavoro, una maggiore definizione dei propri obiettivi. Significati personali e familiari, positivi e negativi, associati al traguardo della laurea, possono “lavorare” a livello inconscio e portare al differimento, o persino all’annullamento, di quella meta. Esplorare tali significati, con l’aiuto di uno psicologo qualora fosse necessario, può essere utile ad affrontare una transizione che non è così facile da digerire come spesso si dà per scontato.
Dietro l’allungamento dei tempi universitari, dunque, possono celarsi le situazioni psicologiche più varie, che solo a volte vengono comprese, affrontate, ascoltate. Molto spesso, ciò che arriva alla famiglia, agli amici, ai colleghi, è l’immagine di un eterno fuori corso che “perde tempo”, “non studia”, “studia male”. I tormenti interiori, le paure, le domande del cosiddetto “fuori corso”, restano invece nell’ombra, non interpellati, non visti, mentre il giudizio e le aspettative che egli percepisce da parte del proprio ambiente finiscono per aumentare il suo senso di colpa, di fallimento e di scoraggiamento.
A volte, si tratta di dare senso a una narrazione che si è arrestata, per poterle donare una conclusione che non sia una frattura. Questa conclusione può essere la laurea, una laurea in un’altra disciplina, la decisione di non studiare più, la scoperta che non è mai stato un proprio desiderio, a seconda della narrazione che si snoda a partire da un interrogativo che è più profondo di quanto si possa immaginare: “Perché non riesco a laurearmi?”